ROMA CITTÀ PAGANA

La religione romana è sin dai primordi aperta e flessibile nei confronti delle influenze esterne. Non ha nulla di “dogmatico”, a parte una complessa struttura sacerdotale ed una rigida ritualità che resistono nei secoli. Essa si forma, su una base latino-italica, a stretto contatto con due culture di grande importanza: la greca e l’etrusca.
La penetrazione a Roma di culti provenienti dalla Grecia e dal Mediterraneo orientale comincia diversi secoli prima di Cristo. Un esempio è il culto greco dei Dioscuri, proveniente dalla Magna Grecia, forse da Cuma, colonia greca fondata verso la metà dell’VIII secolo a. C.. Un tempio viene dedicato a Castore e Polluce nel 484 a. C. nei pressi del Tempio di Vesta e della Fonte di Giuturna per celebrare il decisivo aiuto dato ai Romani dai gemelli figli di Zeus durante la Battaglia del Lago Regillo (499 o 496 a. C.). Bisogna anche notare che il culto di Ercole (greco Eracle) viene introdotto, secondo una tradizione riportata da Virgilio nell’Eneide, già prima della fondazione ufficiale di Roma (21 aprile 753 a. C.). Il culto di Ercole aveva il suo centro nell’area del Foro Boario. L’Ara Maxima Herculis in blocchi di tufo dell’Aniene si trova sotto la parte posteriore della chiesa di S. Maria in Cosmedin. L’affinità con la religione ellenica porta alla creazione di una sorta di sincretismo greco-romano. Le divinità principali vengono identificate con quelle greche, e non solo greche.
Nei primi secoli dell’Impero, Roma è una grande metropoli cosmopolita e tollerante, tanto che si può definire un “melting pot” di lingue, razze, culture.
Numerosi sono i culti provenienti dall’Anatolia, dall’Egitto, dalla Siria.
Molto forte è la presenza del Mitraismo. Per averne un’idea, basti pensare che ben 18 mitrei sono stati individuati nella sola Ostia, la città portuale la cui popolazione ammontava a circa 50.000 abitanti.
Le ragioni di questa grande varietà di culti sono molte.
Occorre partire dal presupposto che la “pietas” romana non era mai stata intollerante verso i culti stranieri, a parte qualche caso specifico. Anzi, nel corso delle loro conquiste, i Romani avevano assorbito le tradizioni religiose dei popoli sottomessi.
Questa politica di tolleranza e di assorbimento era sempre stata un fattore importante di coesione del dominio di Roma sull’Italia e sul Mediterraneo. A questo fattore politico si deve aggiungere che il “paradigma politeistico” è stato sempre più aperto rispetto a quello “monoteistico”.
Inoltre, il modello religioso romano ufficiale, caratterizzato da un rigido formalismo perfettamente inserito nel quadro politico-istituzionale, non riusciva a soddisfare pienamente le esigenze spirituali dell’individuo, soprattutto in riferimento al problema della salvezza dell’anima e della vita oltremondana. Questo spiega la penetrazione dei culti orientali. Ma allora perché i cristiani vengono perseguitati? La ragione fondamentale è di tipo politico. Essi rifiutano di venerare l’imperatore e la Dea Roma: crimen maIestatis, crimen religionis.

Questa situazione cambia radicalmente, anzi possiamo dire che si rovescia, nel corso del IV secolo, con l’affermazione lenta ma inesorabile del Cristianesimo. Prima, nel 313, la religione cristiana viene legalizzata da Costantino e Licinio con il famoso Editto di Milano. Poi, verso la fine del IV secolo, con gli editti di Teodosio I il Grande (m. 395),  il paganesimo viene bandito e il Cristianesimo diventa la religione di stato, coercitiva per tutti i sudditi.

Bibliogragia:

Su questo tema, ovviamente, la bibliografia è immensa. Io comunque consiglio di Paola Chini “La religione”, ed. Quasar, nono volume della VITA E COSTUMI DEI ROMANI ANTICHI, collana promossa dal Museo della Civiltà Romana.