IL COSIDDETTO “NAZICOMUNISMO” 

Il problema che mi pongo è il seguente: sia il comunismo, sia il nazismo hanno sterminato milioni di persone sulla base di precise e assolute convinzioni ideologiche e questo è un dato incontestabile. Ma esistono tra queste due ideologie, al di là del fatto che si sono scontrate (dopo un iniziale accordo!) a partire dal 1941, punti di contatto teorici?
Indubbiamente, il comunismo sovietico aveva come base teorica fondamentale la dottrina di Marx, un filosofo sicuramente di grande levatura nella storia del pensiero, mentre per il nazismo non si può dire lo stesso.
Però, al di là di questa relativa “povertà teorica” del nazismo rispetto al comunismo, qualche punto di contatto possiamo comunque trovarlo.
In un articolo poco noto pubblicato nel 1994 su “La Civiltà Cattolica” (“Ideologia nazicomunista nella Seconda Guerra Mondiale”), il gesuita Robert Graham ha sostenuto una tesi che io personalmente condivido in pieno, anche se non esaurisce il problema. La tesi è questa: comunismo sovietico e nazismo avevano in comune soprattutto una cosa, e cioè il progetto di distruggere il Cristianesimo: il primo in nome del materialismo storico marxiano, il secondo in nome di un “neopaganesimo nordico”.
C’è anche da considerare un altro fatto interessante: è puramente “contingente” il nome di “partito nazional-socialista dei lavoratori tedeschi”?
Dal punto di vista della “prassi”, l’idea comune che stava evidentemente alla base dell’azione politica e militare dei due regimi consisteva nella necessità di creare un “uomo nuovo”, un nuovo “sistema” sociopolitico, eliminando tutti coloro che non rientravano nello “schema” ideologico e che quindi ne impedivano la realizzazione: per i sovietici, nemici di classe, sacerdoti, oppositori politici, contadini ucraini; per i nazisti, ebrei, malati, zingari…eccetera.
Possiamo dire, per semplificare, che alla base del comunismo sovietico c’era una specie di “ingegneria sociale totalitaria”, mentre il nazismo si basava su una “pseudobiologia della razza ariana”.
Quindi potevano variare i tipi di “nemici”, ma l’idea comune era, lo ripeto, quella del “dovere storico” di eliminare, di cancellare tutta quella parte di umanità che, anche per il solo fatto di esistere, ostacolava la realizzazione del “progetto politico totalitario”.
In entrambi i casi, come anche nel caso del regime fascista, si trattava di variazioni sul tema del famoso “stato etico” hegeliano.
Questi sono dati di fatto della Storia, non opinioni, anche se, per ragioni ideologiche, sono stati fatti e purtroppo ancora oggi si fanno molti tentativi per negarli o almeno per minimizzarli, o addirittura per giustificarli, sia “da destra”, sia “da sinistra”.
In base a una documentazione inoppugnabile, risultano evidenti alcuni dati di fatto.
Già con la dittatura di Lenin (m. 1924) viene deciso di mantenere i “gulag” zaristi per deportare i “nemici di classe”, cioè per eliminare tutti gli oppositori politici.
Nel 1932, dopo vari tentativi di fiaccare la resistenza del popolo ucraino, il “compagno” Stalin decide di sterminarlo facendo requisire tutte le scorte alimentari: genocidio per fame.
Da notare che gli agenti del NKVD prelevavano spesso, per seppellirli in fosse comuni, anche i moribondi. Metodo sovietico per risparmiare tempo.
Circa 6 o 7 milioni di ucraini uccisi mediante la fame, mentre le esportazioni di grano ucraino aumentano! Economia politica staliniana….
In pratica, con i soli ucraini, Stalin è riuscito a eguagliare, se non a superare, il numero degli ebrei uccisi dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale.
Quindi Hitler prende il potere in Germania (1933) mentre Stalin stermina gli ucraini. Con il nazismo inizia una nuova forma di totalitarismo basata non sulla distruzione del “nemico di classe”, bensì sul razzismo puro e sul genocidio premeditato.
L’idea del genocidio è del tutto assente nella dottrina marxista? In senso stretto direi di sì, anche se il concetto di etnie intrinsecamente arretrate e quindi destinate all’annientamento nel processo storico rivoluzionario è presente e ha sicuramente ispirato la feroce politica “etnica” di Stalin.
Se pensiamo, poi, al genocidio vandeano perpetrato dalla Repubblica giacobina fra il 1793 e il 1794, troviamo un chiaro ed evidente antesignano degli sterminii attuati nel XX secolo. Robespierre e i suoi seguaci volevano sterminare un intero popolo considerato intrinsecamente incompatibile con la neonata repubblica.
Notiamo, a questo proposito, che Engels, nel 1849, in un articolo pubblicato sulla “Neue Rheinische Zeitung”, aveva (hegelianamente) definito “popoli residuali” (Völkerabfälle, che si potrebbe anche tradurre con “immondizia dei popoli”) quelle etnie europee intrinsecamente controrivoluzionarie perché troppo arretrate…
Qui emerge chiaramente l’influenza di Hegel e dell’idealismo tedesco (in particolare penso a Fichte) sia sul nazionalismo germanico, sia sul marxismo.
Infatti Karl Raimund Popper, il grande epistemologo e teorico della democrazia liberale, considera Hegel (con Platone!) il padre del totalitarismo del Novecento.
Nel 1939 si arriva al Patto Ribbentropp-Molotov. Per la storiografia marxista si tratra di un accordo determinato dalla sola necessità contingente, ma secondo me c’era anche altro, c’era qualche affinità ideologica di fondo (in gran parte dovuta all’eredità hegeliana) che non è stata ancora pienamente sviscerata.