OLOCAUSTO E STALINISMO: IL PROBLEMA DEL NUMERO DELLE VITTIME

OLOCAUSTO E STALINISMO: IL PROBLEMA DEL NUMERO DELLE VITTIME

Ho notato che circolano “post” molto discordanti su questo tragico confronto.
Ciò dipende da una serie di fattori.
In entrambi i casi, per ragioni ideologiche si cerca spesso di minimizzare o addirittura di negare.
Ho cercato di dare un piccolo contributo alla chiarezza su quest’argomento estremamente complesso e direi anche spinoso.
Per quanto riguarda il genocidio degli Ebrei, secondo le stime attualmente più accreditate (United States Holocaust Memorial Museum), il numero delle vittime si aggira attorno ai 6 milioni.
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Vittime_dell%27Olocausto
Si può notare che nella sola Polonia furono uccisi non meno di due milioni e settecentomila Ebrei:
http://www.lanzone.it/Shoah/Schede/stat3.htm
https://encyclopedia.ushmm.org/content/en/article/polish-victims
Tuttavia, gli studi continuano e pare che il numero sia molto maggiore.
http://mobile.ilsole24ore.com/solemobile/main/art/notizie/2013-03-04/olocausto-vittime-prigionieri-nazisti-115313.shtml?uuid=AbujEPaH
Sulla questione del negazionismo dell’Olocausto desidero far notare che la tendenza è molto più diffusa di quanto si possa immaginare:
https://en.m.wikipedia.org/wiki/Holocaust_denial

In merito alle vittime dello stalinismo, le stime variano moltissimo. Qualche storico ha parlato addirittura di 50 milioni. Con ogni probabilità è un’esagerazione, ma queste divergenze mostrano la difficoltà di un conteggio preciso.
Bisogna comunque tenere conto del fatto che nella sola Ucraina, negli stessi anni in cui si affermava e si consolidava il nazismo in Gemania, furono sterminati milioni di contadini (uomini, donne, vecchi e bambini: forse non sapremo mai quanti!) con l’arma letale e lenta della fame:
http://holodomorct.org/holodomor-information-links/holodomor-primary-sources/
https://massolopedia.it/holodomor/
Risulta da alcune ricerche che il numero delle vittime del cosiddetto “Holodomor” (che più o meno vuol dire “sterminio per fame”) ammonta a 7 milioni: quindi solo in Ucraina, se questa stima è valida, è stato superato il numero “ufficiale”, diciamo così, delle vittime della persecuzione razziale nazista!
Anche il genocidio del popolo ucraino è oggetto di tentativi di negazione o minimizzazione.
Qui si trova una sintesi del dibattito storiografico sul numero complessivo delle vittime del terrore staliniano:
https://en.m.wikipedia.org/wiki/Number_of_deaths_in_the_Soviet_Union_under_Joseph_Stalin

LEOLUCA ORLANDO CONTRO GIOVANNI FALCONE

LEOLUCA ORLANDO CONTRO FALCONE

https://www.ilpost.it/filippofacci/2012/05/20/falcone-leoluca-orlando/

https://www.google.com/amp/s/www.panorama.it/news/cronaca/falcone-ingroia-leoluca-orlando/%3famp=true

https://www.google.com/amp/palermo.repubblica.it/cronaca/2016/05/24/news/orlando_e_le_critiche_sull_antimafia_si_apre_la_polemica-140477167/amp/

https://www.google.com/amp/s/www.iltempo.it/politica/2017/05/23/news/tutti-i-nemici-del-giudice-falcone-1028986/amp/

https://youtu.be/GZeqVFXlFZ4

IL PALAZZO FARNESE DI CAPRAROLA

La forma pentagonale del palazzo è dovuta al fatto che inizialmente era stato concepito come una fortezza. Il progetto iniziale era stato affidato dal cardinale Alessandro Farnese il Vecchio (il futuro papa Paolo III) all’architetto Antonio da Sangallo il Giovane. Il progetto non potè essere pienamente realizzato per una serie di motivi e in particolare per l’elezione del cardinale al soglio pontificio nel 1534 e per la morte del Sangallo nel 1546.

Il cardinale Alessandro il Giovane, nipote di Paolo III (nel senso che il papa era suo nonno), riprese il progetto e lo affidò a Jacopo Barozzi detto il Vignola. I lavori ripresero nel 1559. Venne mantenuta la pianta pentagonale, ma la destinazione  d’uso venne radicalmente modificata: da fortezza difensiva, concepita probabilmente, secondo lo studioso Luciano Passini, subito dopo il tremendo Sacco di Roma del 1527, a palazzo di rappresentanza.

Nell’insieme, appare evidente il carattere un po’ ibrido della struttura, elegante e possente nello stesso tempo, che proprio per questo si presenta originale e affascinante.

Forse la soluzione più interessante del Vignola è data dal rapporto tra il palazzo e il centro abitato. L’architetto realizzò una strada diritta relativamente stretta che collega il Borgo al Palazzo, al quale si arriva percorrendo la salita. Solo verso la fine si offre in pieno alla vista la maestosa e solida struttura. In tal modo l’effetto scenografico esprime in modo perfetto lo stretto rapporto che doveva legare Caprarola alla famiglia Farnese.

Alla morte del Vignola (1573) il palazzo era completato. Ulteriori lavori e perfezionamenti, con particolare riferimento agli  stupendi giardini “all’italiana”, andarono avanti anche dopo la morte del cardinale Alessandro Farnese (1589) fino alla prima metà del Seicento.

SULLA “LEGGENDA NERA” DELL’INQUISIZIONE

Ancora oggi viene sostenuta in molti siti la tesi che la Santa Inquisizione ha prodotto milioni di vittime.
Questa tesi è palesemente assurda. Non solo falsa, ma direi proprio inverosimile, tenendo conto dei limiti della popolazione europea prima della rivoluzione industriale.
Si spiega, però, tenendo conto del fatto che per molto tempo gli studi sull’argomento erano quasi tutti di matrice protestante e quindi, con il supporto della cultura “progressista” e anticlericale, tendevano il più possibile a demonizzare la Chiesa Cattolica.
Per quanto riguarda il periodo medioevale le stime sono ovviamente molto difficili.
Ma per il periodo della Controriforma gli studi recenti hanno portato a un ridimensionamento enorme del numero delle vittime.
“Scendendo nel dettaglio si stimano 200mila processi per l’Inquisizione spagnola, tra 30mila e 45mila circa per quella portoghese, tra i 51mila e i 75mila per quella romana. Per un totale di sentenze capitali eseguite, rispettivamente, di 12.100, 1250 o 2510, 1250 circa (Del Col Andrea, 2006, pp. 779-782).”
http://www.lacooltura.com/2017/07/inquisizione-la-condanna-capitale/
Si veda anche:
https://www.google.com/amp/s/apologeticon.wordpress.com/2013/10/10/un-bilancio-dellinquisizione-spagnola-quante-vittime/amp/
Questi studi, molto accurati, portano a conclusioni paradossali.
Si deve notare che il numero delle persone uccise in nome della libertà e della fratellanza (a parte l’uguaglianza) durante la Rivoluzione francese, nel solo periodo del Terrore (tra il 1793 e il 1794), supera  quello delle vittime totali dell’Inquisizione in Spagna, Portogallo e Italia!

SASSOLINI NELLA SCARPA DELL’ITALIA REPUBBLICANA: MARIO TOFFANIN DETTO “GIACCA” (1912-1999)

Mario Toffanin (detto “Giacca”) fu il principale responsabile dell’eccidio di Porzûs, perpetrato dai partigiani comunisti nel febbraio del 1945 nei confronti dei partigiani non comunisti della Brigata Osoppo, guidata da Francesco De Gregori (zio dell’omonimo cantautore). La Divisione Osoppo si batteva contro l’annessione alla Jugoslavia della Venezia Giulia, appoggiata invece da Togliatti. Nell’eccidio perì anche Guido Pasolini, fratello del grande scrittore e regista Pier Paolo Pasolini.
Da notare che un dirigente delle Brigate Garibaldi, Mario Lizzero, propose la pena di morte per Toffanin, la cui “carriera”, invece, potè andare avanti indisturbata. Voce isolata, a quanto pare.
Subito dopo la fine della guerra, infatti, Toffanin fu nominato funzionario del PCI di Udine.
Dopo la denuncia da parte del Comando Divisioni Osoppo, Toffanin fuggì in Jugoslavia, dove (ovviamente), ricevette un’alta onorificenza come veterano della guerra partigiana.
Nel 1952 Toffanin, che si trovava in Cecoslovacchia a causa dell’uscita della Jugoslavia dal Cominform (“Giacca” era uno stalinista convinto!) venne condannato in contumacia all’ergastolo per i fatti di Porzûs.
Nel 1978 il neoeletto Presidente della Repubblica Sandro Pertini gli concesse la grazia. In seguito a questo fatto, Toffanin potè ricevere la pensione. Sembra incredibile, ma è così.
Da notare l’aspetto più paradossale della vicenda: la Repubblica Italiana, nata dalla Resistenza, ha pagato la pensione a un condannato all’ergastolo per una strage perpetrata ai danni di partigiani italiani, in cui fra gli altri perì Francesco De Gregori, partigiano Medaglia d’oro al Valor Militare!
Questo è uno dei tantissimi paradossi della Storia dell’Italia repubblicana. https://it.m.wikipedia.org/wiki/Mario_Toffanin
 https://it.m.wikipedia.org/wiki/Processi_per_l%27eccidio_di_Porzûs
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Francesco_De_Gregori_(partigiano)
 https://it.m.wikipedia.org/wiki/Porzûs_(film)
http://www.anpi.it/storia/229/leccidio-di-porzus

ANTONIO GRAMSCI COME CASSANDRA

Gramsci.png

https://it.wikipedia.org/wiki/Antonio_Gramsci

Scriveva Antonio Gramsci negli anni ’30 del Novecento a proposito di scuola e di formazione scolastica:
“Ecco perché molti del popolo pensano che nella difficoltà dello studio ci sia un trucco a loro danno; vedono il signore compiere con scioltezza e con apparente facilità il lavoro che ai loro figli costa lacrime e sangue, e pensano ci sia un trucco. In una nuova situazione politica, queste questioni diventeranno asprissime e occorrerà resistere alla tendenza di rendere facile ciò che non può esserlo senza essere snaturato. Se si vorrà creare un nuovo corpo di intellettuali, fino alle più alte cime, da uno strato sociale che tradizionalmente non ha sviluppato le attitudini psico-fisiche adeguate, si dovranno superare difficoltà inaudite.”
(tratto dai Quaderni dal Carcere)
http://m.huffingtonpost.it/antonio-calabro/gramsci-latino-greco-_b_11585890.html

Vorrei soprattutto far notare questo passo:
“… occorrerà resistere alla tendenza di rendere facile ciò che non può esserlo senza essere snaturato.”
Grande, grandissimo Gramsci, è stato una vera Cassandra, in questo caso.
Questo è precisamente il gravissimo errore politico, sociale e pedagogico che è stato fatto in Italia negli ultimi cinquant’anni.
Per attuare la democrazia scolastico-educativa, è stato creato un sistema scolastico mostruoso nel quale tutto è stato facilitato e quindi snaturato!
A partire dal ’68, grazie anche ad un’interpretazione sbagliata del pensiero di Don Milani, la cultura “progressista” ha confuso la democrazia con l’inflazione dei titoli di studio.
Nella tanto bistrattata scuola pre-sessantottina, l’istruzione era una cosa seria e proprio per questo i più capaci e volenterosi, anche se socialmente svantaggiati, avevano potuto superare le barriere iniziali e raggiungere in molti casi posizioni sociali di rilievo, per esempio nelle libere professioni, tradizionale appannaggio dell’alta borghesia.
La scuola odierna, invece, ha rafforzato le barriere sociali perché ha prodotto una massa enorme di pseudo-titolati, togliendo quindi valore al titolo di studio.

Quando inizia il cosidetto medioevo?

Quando inizia il cosiddetto Medio Evo?
Rispondere a questa domanda è più difficile di quanto si possa immaginare.
Dovrei fare un discorso lunghissimo, ma per ora mi limiterò ad analizzare il significato di un evento preciso che per convenzione storiografica segna la fine del mondo antico: la deposizione dell’ultimo Imperatore Romano d’Occidente, Flavio Romolo Augusto (detto “Augustolo” perché era giovanissimo, aveva infatti circa 15 anni), il 4 settembre dell’anno 476. Il suo regno era durato meno di un anno.
Di Romolo Augustolo non si sa molto. Non sappiamo precisamente l’anno di nascita e neppure quello della morte. Sappiamo che era figlio di un generale di origini germaniche, Flavio Oreste, che nel 475 aveva costretto alla fuga il legittimo Imperatore Giulio Nepote. Possiamo dire che la fuga di Giulio Nepote è un evento più rilevante sul piano strettamente giuridico-istituzionale.
Sta di fatto, comunque, che dopo la deposizione di Romolo Augustolo da parte del Re degli Eruli Odoacre, legato politicamente a Giulio Nepote (morto nel 480), l’Impero Romano d’Occidente non ebbe più un capo.
Il discorso che ho fatto, estremamente sintetico, ha semplicemente lo scopo di far capire quanto complessa e sotto molti aspetti confusa sia questa vicenda, che nei libri di Storia è considerata lo spartiacque tra l’antichità e l’età di mezzo.
Il dato di fatto storicamente fondamentale è molto chiaro ed evidente: nel 476 le redini del potere sono nelle mani dei capi militari germanici e questa situazione non è nemmeno del tutto nuova, visto che già il predecessore di Giulio Nepote, Glicerio, era stato di fatto nominato imperatore dal barbaro Gundobado.
In sintesi: la data del 476 ha un grande significato storico, ma deve essere considerata come il momento culminante di una crisi che era iniziata molto prima.
Ma quando esattamente?
Sta qui il punto più difficile.
La cosiddetta “anarchia militare”, iniziata subito dopo la morte di Alessandro Severo nel 235 e terminata con l’ascesa al trono di  Diocleziano (284)?
Se accettiamo questa tesi, la durata della crisi si allunga un po’ troppo.
Oppure il famoso “sacco di Roma” da parte dei Visigoti nel 410?
Rispetto alla deposizione di Romolo Augustolo, sicuramente il sacco di Roma ebbe un impatto molto più grave, al punto che fu vissuto dai contemporanei come una specie di fine del mondo.
Non ritengo, comunque, di poter dare una risposta precisa e definitiva.
Però sono propenso a credere che la fase decisiva della crisi dell’Impero Romano d’Occidente sia il periodo a cavallo tra il IV e il V secolo, per varie ragioni che spiegherò.

MAXIMINUS IN CHRISTO

Portico di Santa Maria in Trastevere-esempio di epigrafe cristiana. “MAXIMINUS IN CHRISTO”. Da notare il cosiddetto ‘chrismon’, detto anche ‘monogramma di Cristo’, formato dall’unione grafica delle prime due lettere della parola greca Χριστός (Khristòs). Si tratta di un’epigrafe estremamente concisa, ma proprio per questo molto significativa. L’autore non fornisce i dati biografici del defunto. Vuole solo esprimere la sua ferma e semplice Fede in Cristo, la cui Resurrezione è garanzia di vita eterna per il cristiano. Il risultato è esteticamente efficace e poetico nello stesso tempo.

LA VANDEA: IL GENOCIDIO PERPETRATO IN NOME DELLA FRATELLANZA

 Dipartimenti francesi coinvolti nelle Guerre di Vandea

Stemma dell’armata vandeana. Il motto recitava: Dieu le Roi, in francese “Dio [è] il Re”
È sempre bene ricordare che il primo vero genocidio della storia moderna è stato perpetrato in modo dichiarato, ufficiale (quindi documentato) e sistematico dalla Convenzione Nazionale, cioè in sostanza dalla dittatura giacobina, nei confronti dell’intera popolazione (quindi anche donne, vecchi e bambini) che viveva nei territori dove si era sviluppata la rivolta antirivoluzionaria.
L’insurrezione della Vandea contro il regime repubblicano rivoluzionario cominciò nel marzo del 1793 a causa della leva obbligatoria ordinata dalla Convenzione. Dopo la sconfitta decisiva dei ribelli nel dicembre dello stesso anno si scatenò una feroce repressione, che ebbe i connotati di un vero “genocidio”. Per la verità, le “guerre vandeane” andarono avanti addirittura fino alla restaurazione definitiva dei Borboni seguita alla Battaglia di Waterloo (18 giugno 1815). Ma qui si parla dello sterminio seguito alla prima guerra vandeana.
Lo studioso francese che ha avuto il merito storiografico ed il coraggio di riportare alla luce una vicenda per troppo tempo quasi dimenticata, pagando anche di persona un prezzo molto alto, si chiama Reynald Secher.  La tesi del genocidio, comunque, non è nuova. Venne formulata per la prima volta non da un cattolico conservatore, bensì dal convinto rivoluzionario “Gracco” Babeuf in un libro pubblicato nel 1794 che la Convenzione ordinò di distruggere. Babeuf coniò il termine “populicicidio”, equivalente o quasi al termine moderno “genocidio”.
L’aspetto veramente paradossale di questa immensa tragedia, purtroppo non certo l’ultima, è che il governo repubblicano si faceva portatore dei nuovi ideali di ‘libertà, uguaglianza e fraternità’! Soprattutto la fraternità, a quanto pare…..
Devo aggiungere che il numero totale dei morti ammazzati a sangue freddo e con estrema crudeltà (sono attestati moltissimi casi di persone torturate, affogate in massa e bruciate vive) non si è ancora potuto accertare, ma ciò che colpisce è innanzitutto la volontà dichiarata di annientare non un esercito, ma un’intera popolazione, ritenuta per natura intrinsecamente incompatibile con gli ideali rivoluzionari.
Sta proprio qui il punto: grazie soprattutto ai recenti studi del summenzionato storico Reynald Secher, risulta accertato che la Convenzione aveva infatti esplicitamente stabilito, in diversi provvedimenti e decreti, di sterminare gli abitanti della Vandea indipendentemente dalla loro partecipazione all’insurrezione, non distinguendo quindi tra combattenti e civili, tra cui donne e bambini e nemmeno tra controrivoluzionari e rivoluzionari. (https://it.wikipedia.org/wiki/Guerre_di_Vandea)
Devo anche dire che molti storici ancora oggi cercano di negare o almeno di sminuire il più possibile le proporzioni reali del massacro, allo scopo di preservare il ‘mito’ incrollabile della Rivoluzione e quindi di delegittimare l’uso del terribile termine “genocidio” per descrivere il grande massacro.
Questo negazionismo ostinato dimostra quanto sia forte il peso e quindi la pericolosità delle ‘ideologie’.
Sitografia per approfondire: 
Bibliografia essenziale:
Reynald Secher, Il genocidio vandeano. Il seme dell’odio, Ed. Effedieffe

LA TESI DI PIRENNE SULLE CONSEGUENZE DELL’ESPANSIONE ARABA

Il dibattito storiografico sull’inizio del Medioevo è sempre interessante (vedi a questo proposito: https://massolopedia.it/quando-inizia-il-cosidetto-medioevo/). Generalmente, si ritiene che la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476) sia da considerare come lo spartiacque cronologico fra l’Antichità e l’età di mezzo, sia pure in modo molto approssimativo. Secondo il famoso storico belga Henri Pirenne, però, non fu la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476) a determinare l’inizio del Medio Evo, bensì l’espansione araba nel VII secolo.
Secondo Pirenne, infatti, le conquiste islamiche ruppero l’unità non solo politica, ma anche economica e culturale del Mediterraneo.
Personalmente, penso che questa tesi, in fondo eretica nel panorama storiografico, abbia ancora oggi (circa 80 anni dopo la pubblicazione dell’opera “Maometto e Carlomagno”) un grande valore e dovrebbe essere ristudiata attentamente.
A mio parere, la tesi di Pirenne ci fornisce una chiave di lettura molto interessante anche rispetto a quel complesso fenomeno storico-politico-economico-culturale che definiamo con l’espressione “Crociate”, iniziate verso la fine del secolo XI. Di norma, il dibattito sulle Crociate verte sulla seguente questione: il movente è stato prevalentemente economico o religioso? Ma a me in questa sede non interessa entrare nel merito di questo dibattito ormai vecchio. Come fa notare C. Bonanno, le Crociate furono innanzitutto il mezzo attraverso il quale l’Occidente cristiano si riappropriò del Mediterraneo dopo secoli di espansione islamica (vedi su questo: https://massolopedia.it/lespansione-dellislam-e-le-crociate/), perché “fu chiaro nella coscienza degli uomini più intelligenti che la ripresa della vita era legata alla liberazione del Mediterraneo….Il problema divenne più cosciente e più urgente appena in Europa s’avvertirono i primi sintomi della rinascita….Non fu solo interesse materiale che spinse le nostre repubbliche contro gli arabi ma anche coscienza del loro destino mediterraneo…” E qui Bonanno cita Rodolico, secondo il quale “le sorti della libertà del Mediterraneo” erano determinanti per l’esistenza e l’avvenire di quelle città marinare (Bonanno, pp. 108-109). Quindi c’era qualcosa di più essenziale rispetto al movente puramente economico o religioso. C’era l’esigenza di riprendere il controllo del Mediterraneo, il Mare Nostrum dei Romani, come condizione di una rinascita materiale e spirituale dell’Occidente.

Bibliografia essenziale sul dibattito storiografico:

Carmelo Bonanno, L’età medievale nella critica storica, Liviana Editrice (ed. aggiornata del 1991).