IL SEGRETO (DI PULCINELLA) DELLA STABILITÀ ECONOMICA

Da quando è iniziata la “rivoluzione industriale”, verso la metà del Settecento, il mondo del lavoro è stato in gran parte sottomesso all’andamento molto variabile del mercato (a prescindere dai risvolti ecologici, su cui pure si dovrebbe discutere).
In estrema sintesi: la fabbrica assorbe lavoratori, finché il mercato assorbe il prodotto.
Poi, quando fatalmente il mercato è saturo (o comunque per varie altre ragioni si ferma la domanda), il profitto finisce, l’azienda chiude ed espelle i lavoratori.
Il meccanismo è molto semplice e spietato nello stesso tempo.
A quel punto, per evitare gravi problemi sociali, lo Stato deve in un modo o nell’altro intervenire.
Dall’Ottocento ad oggi, sicuramente molte cose sono cambiate in termini di tutela dei lavoratori e assistenza sociale, ma il meccanismo che lega strettamente il lavoro al mercato non è cambiato.
Si era pensato di risolvere tutto, o quasi, attraverso la statalizzazione e/o la collettivizzazione dei mezzi di produzione, ma gira gira anche così il prodotto industriale finisce comunque in un mercato che, per quanto possa essere controllato, è pur sempre dominato dalla ferrea legge della domanda e dell’offerta.
Sta qui il punto essenziale del problema, come la cronaca di tutti i giorni dimostra.
L’Italia è diventata un paese industriale negli anni ’50 e ’60, pur essendo piuttosto povera in termini di risorse minerarie ed energetiche.
La sua naturale, meravigliosa vocazione agricola (e turistica) è stata pesantemente sacrificata in nome di una cieca fede nel progresso industriale, che ormai da decenni ha mostrato i suoi risvolti molto negativi, anche sul piano ecologico, come dimostra l’annoso dramma dell’ILVA di Taranto.
A mio avviso, se non si cambia drasticamente il cosiddetto “modello di sviluppo” continueremo a discutere all’infinito di cassa integrazione, di disoccupazione, di inquinamento eccetera.
È ovvio che anche i prodotti agricoli sono soggetti all’andamento del mercato, ma in misura molto minore, come dimostra la “legge” scoperta dall’economista tedesco Ernst Engel negli anni ’50 dell’Ottocento: la proporzione di reddito spesa per i prodotti alimentari diminuisce se aumentano i redditi, ma tale proporzione sale se i redditi diminuiscono.
La legge di Engel, più volte verificata, costituisce la prova evidente che il segreto della stabilità e direi della prosperità economica sta nell’agricoltura, come avevano capito i “fisiocratici” già nel Settecento.