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VILLA SCIARRA
La storia di Villa Sciarra si può far iniziare nel 1575, quando Mons. Innocenzo Malvasia acquistò il terreno della villa, allora occupato da una vigna, e iniziò la trasformazione dell’area in residenza nobiliare facendo costruire un casino a due piani con loggia (ora nel terreno dell’Accademia Americana). Le vicende dei passaggi di proprietà di questa villa sono piuttosto intricate. Basti pensare che i Barberini l’acquistarono, la vendettero e poi la ricomprarono. Nella prima metà del Seicento ci fu una svolta radicale nella storia di questa villa, che divenne molto importante ed ambita. Infatti, la costruzione delle Mura Gianicolensi (1642-1644), volute dal papa Urbano VIII Barberini, fece aumentare enormemente il suo valore e il suo prestigio perchè da suburbana divenne urbana. Nel 1653 venne acquistata da Antonio Barberini, il quale ristrutturò totalmente il complesso. Per un certo periodo passò agli Ottoboni, finché nel 1746 non ritornò nelle mai dei Barberini grazie all’acquisto fatto da Cornelia Costanza Barberini, moglie di Giulio Cesare Colonna di Sciarra. Questo spiega l’attuale nome della villa.
Nel 1849 Villa Sciarra, che nel frattempo si era notevolmente ingrandita rispetto al nucleo originario, si trovò nel mezzo dei combattimenti fra le truppe francesi e i difensori della Repubblica Romana e subì ingenti danni. Nel 1889 Maffeo II Sciarra, in seguito ad un tracollo finanziario, fu costretto a stipulare una convenzione con il Comune di Roma e la Compagnia Fondiaria Italiana che prevedeva la lottizzazione dell’area. Venne per fortuna preservata la parte più elevata. Dopo un paio di ulteriori passaggi di proprietà, ciò che restava di Villa Sciarra venne acquistato nel 1902 da George Wurts, un diplomatico americano il quale, grazie soprattutto all’ingente patrimonio della moglie Henriette Tower, attuò una radicale ristrutturazione secondo un gusto tipicamente neobarocco, che ancora oggi caratterizza la villa. Infatti le statue, i gruppi scultorei e le fontane sembrano nettamente dominate dalla ricerca barocca della meraviglia e della stravaganza. L’impronta artistica fondamentale data dal Wurts consistette nella sistemazione nel parco di numerosi e pregevoli gruppi scultorei in arenaria di argomento mitologico, provenienti dal Castello Visconti di Brignano d’Adda. Due anni dopo la morte di George Wurts, la vedova nel 1930 decise di donare la villa allo Stato italiano (anzi, per la precisione a Benito Mussolini in persona), a condizione che fosse aperta al pubblico. La palazzina principale divenne poco dopo sede dell’Istituto Italiano di Studi Germanici e lo è tuttora.
Recenti restauri (2004-2005) sono riusciti, almeno in parte, a ridare a Villa Sciarra la perduta dignità storico-artistica. Oggi questa villa offre al visitatore uno straordinario binomio di natura ed arte, avvolto in un’atmosfera romantica e misteriosa grazie alle pregiate essenze arboree, alle fontane, alle statue, ai viali alberati solitari.
Sitografia:
https://www.romasegreta.it/trastevere/villa-sciarra.html
http://www.sovraintendenzaroma.it/i_luoghi/ville_e_parchi_storici/ville_dei_nobili/villa_sciarra
https://it.wikipedia.org/wiki/Villa_Sciarra_(Roma)
Bibliografia:
A parte l’imprescindibile “Guida Rossa” del Touring e la sempre utile “Grande Guida dei Monumenti di Roma” di Claudio Rendina, consiglio “Le Ville di Roma entro le Mura” di Nica Fiori.
(Foto di Pietro Massolo)
BASILICA DEI SANTI COSMA E DAMIANO

Foto di Pietro Massolo
Si tratta di una delle più importanti chiese storiche di Roma in assoluto.
Sorse nel VI secolo utilizzando sia ambienti del Foro di Vespasiano, detto anche Foro della Pace (costruito nel 75 d. C.), sia il cosiddetto Tempio Rotondo di Romolo del Foro Romano come atrio, grazie ad una donazione fatta da Teodorico e da sua figlia Amalasunta a papa Felice IV (526-530).
La basilica (minore) è dedicata ai Santi Medici orientali Cosma e Damiano.
A causa del progressivo interramento di tutta l’area del Foro, nel 1632 il papa Urbano VIII Barberini decise una radicale ristrutturazione che comportò fra l’altro un notevole innalzamento del piano pavimentale.
Attualmente si entra nella chiesa da Via dei Fori Imperiali (vedi foto sopra), ma non direttamente: bisogna attraversare il chiostro e poi girare a sinistra.
L’opera più importante presente all’interno della chiesa, ad una sola navata con cappelle laterali secondo il modello tipico della Controriforma, è sicuramente il mosaico absidale del 530.
La rappresentazione, con Cristo rialzato al centro e sei figure ai lati, tra cui ovviamente i Santi titolari e papa Felice IV all’estrema sinistra col modellino della chiesa, è un esempio fondamentale del passaggio dall’arte antica a quella medioevale, anche perché risulta di poco anteriore rispetto ai mosaici ravennati. Infatti le figure sono ancora dotate di una chiara corposità e vivacità (si notino ad esempio i piedi ed i volti dei Santi titolari). Il problema storico e concettuale, comunque, è più complesso di quanto si possa immaginare, come ho cercato di mostrare in quest’articolo dedicato proprio all’arte medioevale: https://massolopedia.it/arte-mediovale/
Forse, più che parlare di passaggio dall’arte antica a quella medioevale, si dovrebbe parlare di passaggio dall’arte “pagana” all’arte cristiana, ma anche così posto il problema risulta arduo, sia sul piano cronologico, sia sul piano del concetto formale.
Non dobbiamo infatti trascurare un dato evidente: l’arte paleocristiana è strettamente legata all’arte pagana tardo-antica, persino nell’iconografia.
Gregorovius considera la figura del Salvatore “una delle più splendide immagini di Cristo esistenti a Roma”. “Nessun altro mosaico in Roma ha uno stile così vigoroso; la leggiadria dell’arte antica è scomparsa, né vi appare la grazia bizantina dei celebri mosaici ravennati del tempo di Giustiniano.” Gregorovius, vol. I, p. 229, ed. ed. Avanzini e Torraca, 1966). Questo giudizio storico-estetico di Gregorovius a me pare veramente essenziale ed imprescindibile per capire l’immensa importanza di quest’opera, che costituisce una chiara testimonianza della trasformazione dell’arte romana in piena epoca barbarica. Si può discutere se sia prevalente la resistenza della tradizione romana tardo-antica oppure la vigorosità barbarica. Ma comunque sono convinto che si tratta di un’opera lontana per concezione dalla smaterializzazione tipica dello stile bizantino. Secondo Raffaele Pazzelli, infatti, (v. sotto la bibliografia) questo mosaico è “di stile romano, non bizantino” (p. 9). Nel bel libro di Carli-Dell’Acqua (p.192), invece, il mosaico è considerato “ormai spoglio di qualunque richiamo naturalistico”. Ma io rimango della mia idea sulla scorta di Gregorovius.
Nella prima cappella a destra troviamo una pala d’altare davvero interessante e singolare: un affresco bizantino del secolo VIII che raffigura il Cristo vivo sulla Croce, interamente vestito e con la corona gemmata, un’iconografia rarissima in Occidente. Il vestito indossato da Cristo si chiama precisamente “Colobio”, un tipo di tunica con o senza maniche (in questo caso con) che indossavano i primi monaci della Tebaide. L’affresco si trovava nella chiesa inferiore e fu staccato in occasione della sopraelevazione barberiniana (Pazzelli, cit., p. 27).
Sitografia:
Bibliografia:
A parte la sempre basilare Guida Rossa del Touring, consiglio vivamente la lettura della magnifica Storia di Roma nel Medioevo di Ferdinand Gregorovius (Geschichte der Stadt Rom im Mittelalter, I ed. 1859–1872).
Da consultare anche di Carli-Dell’Acqua, Storia dell’Arte, vol. I, ed. Istituto Italiano d’Arti Grafiche, 1971, che considero molto utile anche per capire il passaggio dall’Antichità al Medioevo.
In chiesa è (o almeno era fino a qualche tempo fa) disponibile su richiesta il bel libro di Raffaele Pazzelli, La Basilica dei Santi Cosma e Damiano in Via Sacra, ed. Roma 2001.


















