S. SPIRITO IN SASSIA (SANTUARIO DELLA DIVINA MISERICORDIA)

Rione Borgo

Il Campanile quattrocentesco visto da Via dei Penitenzieri; in basso, piccolo monumento dedicato a Bernardino Passeri, Eroe ucciso durante la difesa di Roma nel 1527-

STORIA

Nel 727 il re Ine (o Ina, lat. Inus) del Wessex fonda a Roma, in un terreno donato da Gregorio II nei pressi della Basilica di S. Pietro, una “Schola Saxonum” per l’assistenza dei pellegrini provenienti dall’Inghilterra e una Chiesa dedicata alla Madonna: nasce così il primo nucleo di quello che oggi è noto come “Complesso Monumentale di S. Spirito in Sassia”.

Nel 1198 Innocenzo III trasforma lo xenodochio fondato da Ina in un nosocomio e orfanotrofio, affidandolo all’Ordine degli Ospedalieri del Santo Spirito, istituito nel 1180 da Guido di Montpellier. Si noti che sul fianco destro dell’Arcispedale di S. Spirito è ancora visibile la finestrella con la ruota degli “esposti”.

Dopo varie ricostruzioni succedutesi nel corso dei secoli, Sisto IV (1471-1484) fa riedificare la Chiesa, ma di questa fase sistina rimane solo il Campanile. Il disegno architettonico, torre campanaria compresa, viene attribuito a Baccio Pontelli. Nello stesso tempo, Sisto IV riedifica anche il nosocomio.

In seguito alle devastazioni dovute al Sacco di Roma del 1527, Paolo III (1534-1549) la fa ricostruire su disegno di Antonio da Sangallo il Giovane nella forma definitiva, fatta eccezione per la facciata, che risale all’epoca di Sisto V (1585-1590: si noti lo stemma in alto).

FACCIATA

La facciata si deve all’architetto Ottaviano Mascherino. Il secondo dei due ordini, nettamente meno largo, grazie alle volute laterali si raccorda bene con quello inferiore e conferisce all’intera struttura, coronata da un timpano triangolare con i lati molto marcati, un’organica armoniosità e uno slancio verticale. Siamo di fronte ad un tipico esempio del passaggio dal rinascimento al barocco, ma a mio parere più nettamente orientato verso il secondo.

INTERNO

La struttura è molto semplice: navata unica con cappelle laterali. Numerose opere d’arte sono conservate all’interno. Dobbiamo senza dubbio menzionare:

Soffitto ligneo a lacunari del tempo di Paolo III, ma restaurato da Pio IX;

Interessanti le due tavole nella controfacciata: Visitazione di Marco Pino (1545) e Conversione di S. Paolo di Francesco Salviati e Pedro de Rubiales;

Nell’abside troviamo notevoli affreschi di Jacolo e Francesco Zucchi (1583): Gesù fra Giovanni Battista e S. Pietro (catino) e Pentecoste (parete).

Sitografia:

https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_Santo_Spirito_in_Sassia

https://www.divinamisericordia.it/

http://www.romaspqr.it/roma/CHIESE/Chiese_Rinascimentali/s_spirito_in_sassia.htm

https://www.romasegreta.it/borgo/ospedale-s-spirito.html

Bibliografia:

A parte la sempre importantissima Guida Rossa del Touring, consiglio:

SANTA MARIA IN TRASPONTINA

Rione Borgo

Si trova in Via della Conciliazione n. 14, ma la sua posizione originaria non è questa. La chiesa più antica con la stessa dedicazione, menzionata già nel secolo VIII, era ubicata nei pressi di Castel Sant’Angelo, nell’area occupata dalle cosiddette “fosse di castello”. In una pianta del Bufalini del 1551 si vede bene che la chiesa originaria si trovava a sinistra della Mole Adriana guardando da sud, con la facciata rivolta verso il fiume. Questo spiega la denominazione “in Traspontina”. Fu demolita e “spostata” nell’attuale sede nel XVI secolo da papa Pio IV (1560-1565), intenzionato a portare avanti la cinta difensiva del Castello. La ricostruzione, iniziata nel 1566, fu realizzata dagli architetti Giovanni Sallustio Peruzzi e Ottaviano Mascherino. A Francesco Peparelli si deve il campanile eretto nel 1637. Da notare che le dimensioni notevolmente ridotte della cupola sono dovute all’esigenza di non ostacolare il tiro dell’artiglieria di Castel S. Angelo.

La facciata è piuttosto elevata e semplice, anche se nicchie, cornici e volute “denotano già una tendenza barocca” (Zocca, cit. in Catena, Traspontina, a p. 24). Io direi che la si può far rientrare nello stile manierista.

La pianta è quella tipica della Controriforma (il Concilio di Trento finisce infatti nel 1563): pianta a croce latina, una sola navata coperta a botte con 5 cappelle per lato. Questo modello aveva una funzione importante nel periodo in cui bisognava contrastare la Riforma protestante. La navata unica seviva ad evitare la dispersione dei fedeli, che dovevano essere concentrati verso l’altare e verso il pulpito. Il transetto è molto contratto e anche questo serve allo scopo.

All’interno sono molte le cose interessanti da vedere, come in tutte le chiese “storiche” di Roma, ma io mi limito a segnalarne quattro: il notevole Altare Maggiore disegnato da Carlo Fontana (1674), nel quale è inserita una copia di un’icona mariana italo-bizantina del XIII secolo; la prima cappella a destra dedicata a S. Barbara dalla Confraternita dei Bombardieri di Castel S. Angelo, con una bella Pala d’Altare del Cavalier d’Arpino; la prima cappella a sinistra, che ospita una Pietà in terracotta del Quattrocento; la statua della “Madonna del Carmine” nella terza cappella a destra.

Bibliografia:

Claudio Catena, Traspontina-Guida storica e artistica, ed. Carmelitane (disponibile in chiesa su richiesta);

Mariano Armellini, Le Chiese di Roma dalle loro origini fino al secolo XVI (I ed. 1887), molto utile per la dovizia di notizie documentarie.

             

                    

(Foto di Pietro Massolo)

SAN SALVATORE IN LAURO

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REFETTORIO DEL CONVENTO
FRANCESCO SALVIATI (1510-1563): NOZZE DI CANA (1550)
L’episodio delle Nozze di Cana in Galilea, con il primo miracolo di Gesù (la trasmutazione dell’acqua in vino) è riportato nel Vangelo di Giovanni (2, 1-11). Si tratta di un tema che si afferma nel Rinascimento soprattutto per decorare i refettori dei conventi. Si presta ad interpretazioni iconografiche molto varie e quindi permette una libera espressione del genio creativo del pittore. Nello stesso tempo, non si tratta certo di un episodio facile da rappresentare, anche per la presenza di numerosi personaggi, visto che tra l’altro Gesù si presenta al banchetto con Maria ed i discepoli.
Leggiamo il testo evangelico:
 
 “Tre giorni dopo, ci fu una festa nuziale in Cana di Galilea, e c’era la madre di Gesù. E Gesù pure fu invitato con i suoi discepoli alle nozze. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno più vino”. Gesù le disse: “Che c’è fra me e te, o donna? L’ora mia non è ancora venuta”. Sua madre disse ai servitori: “Fate tutto quel che vi dirà”. C’erano là sei recipienti di pietra, del tipo adoperato per la purificazione dei Giudei, i quali contenevano ciascuno due o tre misure. Gesù disse loro: “Riempite d’acqua i recipienti”. Ed essi li riempirono fino all’orlo. Poi disse loro: “Adesso attingete e portatene al maestro di tavola”. Ed essi gliene portarono. Quando il maestro di tavola ebbe assaggiato l’acqua che era diventata vino (egli non ne conosceva la provenienza, ma la sapevano bene i servitori che avevano attinto l’acqua), chiamò lo sposo e gli disse: “Ognuno serve prima il vino buono; e quando si è bevuto abbondantemente, il meno buono; tu, invece, hai tenuto il vino buono fino ad ora”. Gesù fece questo primo dei suoi segni miracolosi in Cana di Galilea, e manifestò la sua gloria, e i suoi discepoli credettero in lui. »
(Vangelo secondo Giovanni 2:1-11)
La rappresentazione del Salviati è solenne
e caotica nello stesso tempo.
Al centro della composizione la tavola imbandita con Cristo e Maria in posizione dominante. Sullo sfondo un paesaggio sfumato secondo le regole della ‘prospettiva aerea’ leonardesca, inquadrato da una struttura architettonica classicheggiante anche se priva di simmetria. Le pose dei personaggi sono studiate, accademiche, complesse, variegate, come nella Scuola d’Atene di Raffaello. La scena generale è in realtà formata da una serie di scene singole indipendenti. In primo piano, sulla destra, i recipienti, uno dei quali viene riempito da un servitore secondo l’ordine dato da Gesù. Il personaggio femminile sulla sinistra si atteggia in una posa che richiama nettamente un commensale disteso in un triclinio romano antico, anche se in realtà sta seduto e quindi la posizione è tutt’altro che naturale. Da notare che solo pochi personaggi hanno lo sguardo rivolto verso Gesù e Maria. Tra questi, i due seduti a tavola tengono la mano sul petto, quello a sinistra in segno di superficiale devozione, quello a destra in atteggiamento interrogativo e un poco sospettoso.
Sulla sinistra in alto si vedono tanti recipienti dalle forme molto varie ed elaborate. Una nota estetizzante di grande effetto.
Il Salviati sceglie di concentrare l’attenzione dell’osservatore sul dialogo fra Cristo e Maria, denso di significato e di evidente intimità, contrapposto al caos del banchetto.
Il braccio della Madonna è posto sopra quello del Figlio, quasi una ricerca di confidenza, ma l’atteggiamento di Gesù è più severo, sebbene non duro. Maria fa chiaramente da tramite fra il mondo terreno, con le sue esigenze materiali, ed il mondo divino. Il suo ruolo è teologicamente chiaro. Cristo accetta di dare il suo contributo alla riuscita del matrimonio, ma con un atteggiamento di lieve sufficienza, diciamo così.
 
Nell’insieme si avverte tutta la ‘maniera’ del Salviati, che in quegli anni (gli ultimi della sua vita) operava a Roma con grande successo, grazie anche allo stretto rapporto amicale e stilistico con il Vasari.
Sono convinto che in questo caso il modello principale di riferimento del pittore è stato il Raffaello delle Stanze Vaticane e non Michelangelo.
 

 

Francesco Salviati: Nozze di Cana    (Foto di Antonio Primavera)

 Per approfondire:

http://www.rosarioplatania.it/chiese/altre/lauro/affresco.htm

http://www.rosarioplatania.it/chiese/altre/lauro/refettorio.htm

 
 
(Foto di Pietro Massolo)
 

 

SAN SALVATORE IN LAURO

Le origini della chiesa, menzionata sin dal XII secolo, ma ricostruita nel Quattrocento e alla fine del Cinquecento, non sono ben note. Si affaccia sulla piazza omonima, una delle più importanti del Rione Ponte.
Il suo nome è stato messo in relazione con un boschetto di lauri che si trovava nelle vicinanze.
È la chiesa ‘nazionale’ dei marchigiani da quando nel 1669 fu acquisita dall’Arciconfraternita dei Piceni. Infatti sulla facciata si può ammirare un rilievo che rappresenta la Santa Casa di Loreto.
Nel 1591 venne distrutta da un incendio e pochi anni dopo iniziò la ricostruzione, alla quale partecipò anche l’architetto Ottaviano Mascherino, che terminò soltanto nell’Ottocento con la costruzione della facciata ‘purista’ su disegno dell’architetto Camillo Guglielmetti.
L’nterno della chiesa, ad una sola navata con cappelle laterali (nel tipico stile della Controriforma) mostra un’impronta tipicamente palladiana nei grandiosi fusti delle colonne aggettanti.
Il transetto e la cupola sono opera dall’architetto romano Ludovico Rusconi Sassi (1678-1736). L’altare maggiore fu progettato da Antonio Asprucci alla fine del Settecento.
Nelle cappelle laterali troviamo opere di pittori importanti, fra cui spicca Pietro da Cortona (Adorazione dei pastori, terza cappella a destra: di tratta di una delle primissime opere dell’artista).
All’esterno sono da notare i potenti contrafforti sul fianco destro, che ricordano le chiese (cosiddette) gotiche.
Annesso alla chiesa è un convento fatto costruire dal cardinale Latino Orsini a metà del Quattrocento. Nel refettorio del convento troviamo opere d’arte di enorme valore storico: affreschi del manierista Francesco Salviati (1550) e monumenti funebri del XV secolo realizzati da Isaia da Pisa e Giovanni Dalmata.
Da consultare anche la piccola e ben fatta guida disponibile nella chiesa.

REFETTORIO

CHIOSTRO

(Foto di Pietro Massolo)