SANTISSIMA TRINITÀ DEI PELLEGRINI

RIONE VII-REGOLA

SANTISSIMA TRINITA’ DEI PELLEGRINI
RIONE VII-REGOLA
Verso la fine del ‘500, l’Arciconfraternita della Santissima Trinità del Sussidio, costituita per iniziativa di Filippo Neri e riconosciuta (1548) da papa Paolo III (1534-1549), decise di dotarsi di una nuova chiesa che sostituisse quella ormai cadente di S. Benedetto in Arenula.
La ricostruzione cominciò ufficialmente nel 1587, durante il pontificato di Sisto V (1585-1590).
L’Arciconfraternita aveva come scopo precipuo l’assistenza dei pellegrini e questo spiega il nome della chiesa.
L’edificazione del nuovo edificio religioso fu affidata, all’inizio, all’architetto Martino Longhi il Vecchio, al quale dobbiamo l’impostazione generale. Dopo la morte del Longhi (1591), i lavori furono interrotti e ripresero nel 1603, sotto la direzione di Giovanni Paolo Maggi, un architetto poco noto che fu tra l’altro impegnato nella “fabbrica di S.Pietro” (Sandra Vasco Rocca, SS. Trinità dei Pellegrini, p. 39).
Nel 1616 il nuovo edificio, dotato anche di una cupola e di due campanili, venne ufficialmente consacrato.
Bisogna precisare che la ricostruzione era completa, nel senso che la chiesa aveva già una facciata, come si può notare nella pianta di Maggi-Mapuin-Losi del 1625 (op. cit., p. 27). Quindi non è vero che la chiesa fosse priva della facciata fino al 1723, quando venne realizzato l’attuale prospetto su disegnoo di Francesco De Sanctis (al quale dobbiamo anche la Scalinata di Piazza di Spagna realizzata con Alessandro Specchi).
La pianta della chiesa è a “pseudocroce latina” essendo priva dei bracci orizzontali della croce e quindi di un vero e proprio transetto.
L’attuale facciata inflessa ha suscitato un certo interesse nella storia dell’architettura anche per via dell’inevitabile confronto con quella, abbastanza simile per concezione, di S. Marcello al Corso (1681-1683), capolavoro di Carlo Fontana.
All’interno troviamo interessanti opere d’arte di Guido Reni, del Cavalier d’Arpino e di altri.
Ma per la loro rilevanza “didattica” sul piano della Storia dell’Arte ritengo necessario segnalarne due:
la pala d’altare di Guido Reni, che raffigura la SS. Trinità: “L’ispirazione classica del Reni e la rappresentazione barocca dei sentimenti toccano in quest’opera il limite estremo dell’equilibrio […]” (op. cit., p. 99);
il gruppo marmoreo di “S. Matteo e l’Angelo”, realizzato in due fasi dal fiammingo Jacob Cobaert (S. Matteo, 1602) e dal toscano Pompeo Ferrucci (l’Angelo, 1615), nel quale si può notare l’enorme divergenza stilistica tra il classicismo dell’Angelo, basato sull’Apollo del Belvedere, e il “manierismo nordico” del fiammingo Cobaert.

Una menzione a parte merita l’affresco, molto rovinato, che raffigura la Madonna “Auxilium Christianorum”, posto nella Cappella del transetto sinistro. Si trovava sul muro esterno di Palazzo Capranica fino al 1562 e questo spiega il suo stato attuale. A quest’immagine, purtroppo ormai quasi irriconoscibile, sono attribuiti poteri miracolosi.
Piccola nota storica: nell’ospedale annesso alla chiesa, purtroppo demolito nel 1940 nell’ambito di una serie di sventramenti, morì a soli 21 anni Goffredo Mameli, patriota e poeta, eroe della Repubblica Romana (1849) ed autore delle parole dell’Inno Nazionale Italiano.

Sitografia:
https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_della_Santissima_Trinit%C3%A0_dei_Pellegrini_(Roma)

http://roma.fssp.it/

https://www.romasegreta.it/regola/ss-trinita-dei-pellegrini.html

https://romanchurches.fandom.com/wiki/Santissima_Trinit%C3%A0_dei_Pellegrini

http://www.060608.it/it/cultura-e-svago/luoghi-di-culto-di-interesse-storico-artistico/chiese-cattoliche/ss-trinita-dei-pellegrini-ai-catinari.html

http://www.romaspqr.it/ROMA/CHIESE/Chiese_Barocche/ss_trinita_pellegrini.htm

https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_San_Marcello_al_Corso

Bibliografia:

Sandra Vasco Rocca, “SS. Trinità dei Pellegrini”, 1979, Fratelli Palombi Editori.

(Foto di Pietro Massolo)

SANTA MARIA IN TRASPONTINA

Rione Borgo

Si trova in Via della Conciliazione n. 14, ma la sua posizione originaria non è questa. La chiesa più antica con la stessa dedicazione, menzionata già nel secolo VIII, era ubicata nei pressi di Castel Sant’Angelo, nell’area occupata dalle cosiddette “fosse di castello”. In una pianta del Bufalini del 1551 si vede bene che la chiesa originaria si trovava a sinistra della Mole Adriana guardando da sud, con la facciata rivolta verso il fiume. Questo spiega la denominazione “in Traspontina”. Fu demolita e “spostata” nell’attuale sede nel XVI secolo da papa Pio IV (1560-1565), intenzionato a portare avanti la cinta difensiva del Castello. La ricostruzione, iniziata nel 1566, fu realizzata dagli architetti Giovanni Sallustio Peruzzi e Ottaviano Mascherino. A Francesco Peparelli si deve il campanile eretto nel 1637. Da notare che le dimensioni notevolmente ridotte della cupola sono dovute all’esigenza di non ostacolare il tiro dell’artiglieria di Castel S. Angelo.

La facciata è piuttosto elevata e semplice, anche se nicchie, cornici e volute “denotano già una tendenza barocca” (Zocca, cit. in Catena, Traspontina, a p. 24). Io direi che la si può far rientrare nello stile manierista.

La pianta è quella tipica della Controriforma (il Concilio di Trento finisce infatti nel 1563): pianta a croce latina, una sola navata coperta a botte con 5 cappelle per lato. Questo modello aveva una funzione importante nel periodo in cui bisognava contrastare la Riforma protestante. La navata unica seviva ad evitare la dispersione dei fedeli, che dovevano essere concentrati verso l’altare e verso il pulpito. Il transetto è molto contratto e anche questo serve allo scopo.

All’interno sono molte le cose interessanti da vedere, come in tutte le chiese “storiche” di Roma, ma io mi limito a segnalarne quattro: il notevole Altare Maggiore disegnato da Carlo Fontana (1674), nel quale è inserita una copia di un’icona mariana italo-bizantina del XIII secolo; la prima cappella a destra dedicata a S. Barbara dalla Confraternita dei Bombardieri di Castel S. Angelo, con una bella Pala d’Altare del Cavalier d’Arpino; la prima cappella a sinistra, che ospita una Pietà in terracotta del Quattrocento; la statua della “Madonna del Carmine” nella terza cappella a destra.

Bibliografia:

Claudio Catena, Traspontina-Guida storica e artistica, ed. Carmelitane (disponibile in chiesa su richiesta);

Mariano Armellini, Le Chiese di Roma dalle loro origini fino al secolo XVI (I ed. 1887), molto utile per la dovizia di notizie documentarie.

             

                    

(Foto di Pietro Massolo)

SANTA MARIA DEL POPOLO

Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476) e soprattutto a causa della guerra greco-gotica (535-553), che fra le altre cose comporta il taglio degli acquedotti, inizia un periodo oscuro. Roma si restringe e la zona ora occupata da Piazza del Popolo torna ad essere sostanzialmente extraurbana, pur trovandosi all’interno del perimetro delle Mura Aureliane. Dopo i secoli ‘bui’, diciamo così, dell’Alto Medioevo, il primo intervento importante e decisivo nell’area è quello promosso da papa Pasquale II (1099-1118), che fa costruire il nucleo della Chiesa di Santa Maria del Popolo nel 1099, secondo la tradizione nel luogo demoniaco del sepolcro di Nerone, il cui fantasma si aggirava (e forse si aggira ancora…) nella zona. Lo spettro di Nerone è uno dei tanti fantasmi romani “storici”:

https://massolopedia.it/fantasmi-romani/

Inizialmente si tratta, in effetti, di una cappella, costruita come ringraziamento alla Vergine per la conquista di Gerusalemme (1099) con i soldi del popolo romano e questo spiegherebbe il nome. Nel Duecento la cappella viene ingrandita, anche perché Gregorio IX (1227-1241) fa trasportare da S. Giovanni in Laterano una sacra icona mariana del tipo “odigitria” (=che mostra la via) attribuita a S. Luca, ancora oggi visibile sull’altare e nota come Madonna del Popolo. Un recente restauro ha permesso il riconoscimento della firma di Filippo Rusuti, noto esponente della cosiddetta Scuola Romana, attiva fra Due- e Trecento. La vera e propria chiesa, nella sua forma definitiva, viene costruita durante il pontificato di Sisto IV Della Rovere (1471-1484), il cui stemma è infatti ancora visibile sulla facciata. La questione della paternità del progetto è ancora sub judice. La struttura è, comunque, tipicamente rinascimentale, come si può notare dalla semplicità e linearità della facciata, forse di Andrea Bregno. Da notare il campanile quattrocentesco, un tipico esempio dello stile tardogotico lombardo, dovuto al fatto che nel 1472 la chiesa viene affidata agli agostiniani della Congregazione Lombarda. Purtroppo nell’Ottocento il convento agostiniano, nel quale aveva soggiornato Martin Lutero, è stato sacrificato per la ristrutturazione della piazza.

La pianta è a tre navate con 4 cappelle per lato. Al Bramante dobbiamo il coro attuale dei primi del Cinquecento, la cui volta viene affrescata mirabilmente dal Pinturicchio (1508-1510). Nel ‘600, però, la chiesa viene, per così dire, “barocchizzata” dal Bernini, il quale disegna i due altari ai lati del transetto, modifica (ma forse sarebbe meglio dire “completa”) la meravigliosa Cappella Chigi, disegnata da Raffaello per Agostino Chigi nel 1513-1514, e fa inserire le statue di santi in stucco realizzate dai suoi allievi. In questo modo l’austera impronta agostiniana iniziale viene nettamente modificata, anche se comunque l’intervento non è stato in generale giudicato negativo. Roma ci ha fin troppo abituati alle sovrapposizioni di stili. Si può fare un agevole confronto, didatticamente importante, tra la cappella raffaellesca, in cui si rivela lo spirito del Rinascimento nonostante l’intervento berniniano, e la sontuosa Cappella Cybo, che sta proprio di fronte, capolavoro barocco di Carlo Fontana.

Fra le moltissime opere presenti nella basilica non si possono tralasciare le due celeberrime tele di Caravaggio presenti nel transetto sinistro (Cappella Cerasi): la Conversione di S. Paolo e la Crocifissione di S. Pietro. Fra le due opere si trova una bellissima Assunzione di Annibale Carracci, che secondo me può essere molto utile per un confronto tra il classicismo dei Carracci e il crudo naturalismo caravaggesco, che insieme, all’inizio del Seicento, contribuiscono a innovare profondamente la pittura italiana dopo il lungo predominio manierista.

Da non perdere: previo permesso si può accedere alla sagrestia, in cui si trova un fantastico altare marmoreo del 1473 firmato da Andrea Bregno.

Sitografia:

https://massolopedia.it/piazza-del-popolo/

http://www.smariadelpopolo.com/it/la-basilica

https://it.wikipedia.org/wiki/Basilica_di_Santa_Maria_del_Popolo

https://www.arte.go.it/event/filippo-rusuti-e-la-madonna-di-san-luca-in-santa-maria-del-popolo/

Bibliografia:

Fondamentale, come sempre, la Guida Rossa del Touring (io uso l’ed. 2004);

Sono disponibili in chiesa, su richiesta: Carlo Sabatini, Santa Maria del Popolo, ed. Interstampa, e la guida storica in quattro lingue, priva però di indicazioni sull’autore, ed. L’Agostiniana, con una notevole documentazione fotografica.

(Foto di Pietro Massolo)

SANTA MARIA DEI MIRACOLI

Rione Campo Marzio

Si trova in Piazza del Popolo, fra Via del Corso e Via di Ripetta. Viene generalmente ritenuta la gemella di S. Maria in Montesanto, che sta a pochi metri di distanza, ma in realtà si tratta di una pura apparenza perché le due chiese non sono uguali:

https://www.youtube.com/watch?v=fXSem09y0Aw

Questa chiesa è, come dice il nome stesso, strettamente legata ad un evento miracoloso che vede come protagonista una delle tantissime “Madonnelle” di Roma:

https://massolopedia.it/ossa-santi-madonne-e-madonnelle/

Il 20 giugno del 1525 (Luciani, p. 22) una donna, il cui bambino era caduto nel Tevere nei pressi dell’attuale Ponte Margherita, invocò l’aiuto di una Madonna dipinta che era stata collocata vicino al fiume e il piccolo tornò miracolosamente a galla. Attualmente, l’immagine miracolosa si trova nella chiesa di S. Giacomo in Augusta ( https://massolopedia.it/san-giacomo-in-augusta/ ), dove fu trasferita nel 1590 dopo varie vicende. Nella cappelletta costruita dove stava l’immagine dipinta, esposta alle rovinose piene del Tevere, venne posta una copia, che ora si trova in S. Maria dei Miracoli, inserita nell’Altare Maggiore.

Al papa Alessandro VII (1655-1667) si deve la decisione di costruire le cosiddette “chiese gemelle” nell’ambito di un vasto progetto di risistemazione di Piazza del Popolo seguita all’arrivo di Cristina di Svezia nel 1655. Il progetto di Carlo Rainaldi prevedeva la creazione di due chiese poste al centro del Tridente, come potente scenografia per i pellegrini che venivano a Roma da Nord. Il progetto venne poi modificato da G. L Bernini e da Carlo Fontana ed entrambe le chiese vennero completate alcuni anni dopo la morte del pontefice, negli anni ’70 del Seicento.

La caratteristica principale della facciata è il profondo pronao, le cui colonne reggono un’alta trabeazione sormontata da un timpano. Diciamo pure che il prospetto appare identico a quello di S. Maria in Montesanto. La cupola ottogonale è stata progettata da Carlo Fontana. Si noti che la cupola della chiesa “gemella” è invece dodecagonale. Inoltre la pianta della chiesa dedicata alla Vergine dei Miracoli è circolare, mentre quella della chiesa “gemella” è ellittica. In effetti queste differenze non si notano subito: un chiaro esempio di illusionismo barocco!

Sitografia:

https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_Santa_Maria_dei_Miracoli_(Roma)

https://massolopedia.it/piazza-del-popolo/

Bibliografia:

Roberto Luciani, S. Maria dei Miracoli e S. Maria in Montesanto, ed. Fratelli Palombi

Federico Gizzi, Le chiese barocche di Roma, ed. Tascabili Economici Newton

(Foto di Pietro Massolo)