Chi vuole seriamente studiare la Storia delle Religioni deve partire da un presupposto fondamentale: le singole Religioni NON SONO entità stabili, definite, separate, delimitate.
Cosa significa questo? Significa che i veri elementi primari da studiare non sono le Religioni prese isolatamente.
Ogni singola Religione ha un valore come una realtà staccata dalle altre SOLTANTO per il credente.
Lo studioso deve ANALIZZARE le Religioni, nel senso che deve individuarne i componenti primari, che sono le singole credenze, i singoli riti eccetera. Fatto questo, si tratta poi di individuare i legami “genetici” con altre religioni:
Questi componenti primari delle Religioni sono il riflesso, o per meglio dire il residuo essenziale di PARADIGMI universali antichissimi che non muoiono mai, ma si mischiano, si fondono, entrano in conflitto ed a volte raggiungono compromessi.
Ad esempio, il monoteismo è un paradigma, come lo è il politeismo. Anche la cosiddetta ‘offerta primiziale’ rientra in un paradigma ben definito ed universale.
La Storia delle Religioni è in realtà la Storia dei Paradigmi Religiosi.
Bisogna anche tener conto del fatto che la comparazione storico-religiosa ci pone, in alcuni casi, di fronte a problemi piuttosto complessi.
Risulta evidente che il punto di vista dello storico delle religioni deve essere, o dovrebbe essere, quello dell’osservatore esterno.
Pur volendo matenere questo punto d’osservazione scientifico in teoria esterno, non posso non rilevare che il Cristianesimo presenta alcune peculiarità che lo distinguono in modo netto.
Mi riferisco in particolare al fatto che la “storia sacra” cristiana non si pone nel contesto, ben noto agli studiosi, del “tempo mitico”, bensì in un quadro storico preciso e circostanziato.
Ho cercato di mostrare questa differenza, molto significativa, in questo piccolo studio comparativo relativo alla “Resurrezione di Cristo”: