Nel Vangelo di Marco (14:72), considerato dai biblisti il più antico dei quattro canonici, troviamo una forma verbale interessante per varie ragioni.
Devo dire che secondo me, e certo non solo secondo me, il testo di Marco, proprio perché è il più antico, è il più importante per le origini del Cristianesimo ed anche per la comparazione storico-religiosa.
Si tratta dell’episodio del rinnegamento di Gesù da parte di Pietro. In sostanza in questo passo Pietro si ricorda delle parole di Gesù, il quale durante l’Ultima Cena aveva profetizzato questo suo comportamento certo non molto nobile, anche se umanamente comprensibile.
Ecco il verbo greco:
Si tratta dell’aoristo passivo del verbo
ἀναμιμνῄσκομαι (anamimnéskomai).
Questo verbo è veramente interessante.
Notiamo innanzitutto che si tratta di un verbo composto dalla preposizione iniziale ‘ana’ unita al verbo vero e proprio.
Il verbo è in effetti medio-passivo come ci fa capire la desinenza
-mai della prima persona singolare del presente indicativo (intendo riprendere prossimamente la questione della diatesi media). In questa forma lo troviamo infatti nel vocabolario.
Significa ricordarsi, ricordare.
La forma del presente ha ben due infissi: mi e sk, che non fanno parte del tema verbale e difatti non si trovano nell’aoristo.
Come si arriva alla forma dell’aoristo passivo?
Premetto che in greco antico l’aoristo esprime non soltanto il passato, ma anche e soprattutto la qualità ‘puntuale’ dell’azione. L’Evangelista ha sottolineato l’assolutezza temporale dell’azione nel senso del momento esatto in cui avviene, e cioè mentre Gesù viene sommariamente processato nel Sinedrio dal Gran Sacerdote. Pietro si rende perfettamente conto che le cose si stanno, per così dire, mettendo male, che sta per succedere qualcosa di grave, e comincia ad avere paura.
La variante temporale ‘e’ (aumento temporale o prefisso temporale derivato dall’indoeuropeo e scomparso in latino) si pone normalmente tra la preposizione ed il verbo, per cui si passa da ‘ana’ ad ‘ane’. Si tratta di una variante che esprime il concetto del passato. Si usa infatti anche nell’imperfetto.
I suffissi ‘mi’ e ‘sk’ spariscono perché non fanno parte del tema verbale.
Veniamo ora alla parte finale, foneticamente abbastanza complessa.
Normalmente, i verbi che terminano in vocale (come (ana)mimnéskomai) dovrebbero aggiungere la caratteristica ‘the’ della diatesi passiva direttamente al tema verbale (ana)mimne, ma questo verbo fa eccezione perché segue la coniugazione di altri verbi ‘notevoli’, che solo apparentemente hanno il tema in vocale, e quindi aggiunge la s (sigma) prima del -the.
È incredibile la quantità di nozioni storiche, fonetiche e morfologiche che si possono trarre dall’analisi di questa forma verbale.
Mi scuso con i ‘grecisti’ se ho usato il più possibile la grafia latina e non quella greca. L’ho fatto per esigenze di divulgazione.
Aggiungo che, come dico sempre, secondo me è un’assurdità storico-culturale e pedagogica far studiare il greco separatamente dal latino.
Ritengo anche assurdo il fatto che sia stato tolto il latino dalla scuola media perché il latino fa parte delle radici della NOSTRA civiltà italiana ed occidentale. Si è trattato di un grave errore storico dovuto alla prevalenza delle ideologie. Anche su questo intendo ritornare.
Si veda anche una qualsiasi grammatica greca. Io uso (ed ammiro, forse anche perché la usavo al liceo) prevalentemente quella di Tedeschi e Borelli (‘Corso di lingua greca’ ed. Lattes-Torino) e per la comparazione il testo di Guido Silvestro ‘Atene e Roma’ (ed. Loffredo-Napoli). Per lo studio dell’indoeuropeo mi baso sul testo di Giuseppe Carlo Vincenzi ‘Il nome indoeuropeo e il nome germanico’ (ed. Cusl-Bologna).